venerdì 21 febbraio 2020

Chiudere il cerchio o dargli un giro di vite?




Non vorrei di colpo passare per una fanatica di qualche misteriosa e irrazionale disciplina , ma, dato (quasi) di fatto anche se non scientifico, è capitato a tutti di desiderare qualcosa e vedere che accade.


Mi riferisco in particolare al rapporto tra le persone: 
qualcuno che non vedi da tempo, lo pensi, lo incontri; 
un ex amore per cui provi ancora  qualcosa che ritorna;  
una seconda chance nel lavoro, proprio dove in passato avevi fallito.

Sono giunta alla conclusione che si tratta di cerchi: fino a quando nel nostro io più profondo non li abbiamo chiusi, la stessa linea ci si ripropone.

Non sono certo la prima a dirlo, ma oggi mi stavo chiedendo perché anche quando il cerchio è sbagliato, continuiamo a desiderare che ci si ripresenti, perché dentro sentiamo che c'è ancora qualcosa da dire o da fare, sentiamo di non essere soddisfatti, nonostante la ragione ci dica che è una strada senza sbocco o addirittura nociva.
E siamo proprio noi a “chiamare “ la situazione, anche se ci fa male, ma è perché abbiamo bisogno di chiuderla, di mettere un punto, che sia di fine o d'inizio.

A chi non è successo di riprovarci con un fidanzato, anche se era un disastro, cullandosi nell'illusione  del successo? 
O ancora, di dare fiducia a una persona un tempo amica, che ci ha deluso, ma il beneficio del dubbio sembra l'unica via possibile?

In pratica pur sapendo cosa ci aspetta, invochiamo e troviamo la stessa situazione fino a quando finalmente facciamo pace con noi stessi e chiudiamo il cerchio.

MA ATTENZIONE chiudere il cerchio non vuol dire che qualcosa è finito; può anche voler dire che, uno volta chiuso, al cerchio si da un giro di vite e diventa il simbolo dell’infinito.

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