Voglio segnalare una mostra decisamente particolare, presente durante il salone vintage di Forlì.
Credo meriti di essere vista, soprattutto perchè reperire intimo vintage è molto difficile. Credo che meriti di essere vista anche per la simpatia degli organizzatori, disponibili a raccontare la storia di ogni singolo pezzo esposto, mentre ti offrono della crostata fatta in casa con marmellata di cocomero romagnolo.
“AL MUDÂN”.
BRAGHE ROMAGNOLE DALL’OTTOCENTO AL TANGA
Mostra a cura dell’Ecomuseo della Civiltà Palustre di Villanova di Bagnacavallo (RA).
BRAGHE ROMAGNOLE DALL’OTTOCENTO AL TANGA
Mostra a cura dell’Ecomuseo della Civiltà Palustre di Villanova di Bagnacavallo (RA).
Comunicato fornito dall'addetta stampa dell'Ecomuseo.
AL MUDAN è una curiosa mostra, curata dell’Ecomuseo della Civiltà Palustre di Villanova di Bagnacavallo, dedicata alla storia delle mutande dall’Ottocento ai giorni nostri.
Questo capo di biancheria intima affonda le proprie radici a migliaia di anni fa e si è evoluto in modelli quanto mai vari fino a oggi.
AL MUDAN è una curiosa mostra, curata dell’Ecomuseo della Civiltà Palustre di Villanova di Bagnacavallo, dedicata alla storia delle mutande dall’Ottocento ai giorni nostri.
Questo capo di biancheria intima affonda le proprie radici a migliaia di anni fa e si è evoluto in modelli quanto mai vari fino a oggi.
Iniziando la sua storia come perizoma, attraverso le tuniche romane e all’introduzione delle “brache”, simili ai calzoni, da parte dei barbari, sarà il Medioevo a coniare il termine “mutanda” in riferimento al fatto che questo indumento deve essere cambiato; non si tratta però dell’indumento che conosciamo noi oggi, ma di una camicia più o meno lunga e raffinata da mettere sotto agli abiti, primo esempio di biancheria intima. Tuttavia questo termine veniva anche attribuito ai cosiddetti “panni da gamba” come le brache o le calze che costituivano l’abbigliamento maschile. Nel Cinquecento, per opera di Caterina de Medici, anche le donne parigine delle classi nobili iniziarono ad adottare le mutande e furono criticate dal popolo che considerava indecente l’uso di un indumento prettamente maschile. Qualche tempo dopo le mutande scomparvero dal guardaroba dei nobili e nel Settecento solo le ballerine e le prostitute le portavano e le usavano per sedurre. Nel corso degli anni subirà molte altre variazioni nella forma, sarà oggetto di critiche malevoli e un mezzo di seduzione e perversione.
Il percorso espositivo della mostra sarà incentrato però sulle braghe romagnole: da quelle di fine Ottocento di confezione domestica e sartoriale, che si presentano più lunghe, arricchite di pizzi, ricami, stringhe e lacci per sorreggerle alla vita, modelli per noi oggi quasi improponibili, passando ai primi decenni del Novecento in cui l’elastico si sostituisce ai lacci e da cui scompaiono a poco a poco anche le “gambe”, che si accorciano nelle mutande da uomo e vengono eliminate in quelle da donna. Solo dopo gli anni Trenta le tele, prettamente di colore bianco, diventano colorate e in seguito a fantasia. Negli anni Sessanta diventerà di gran moda la biancheria intima in nylon, di certo poco salutare, che si presta però a grandi varietà di colori e motivi.
Infine si arriva ai giorni nostri con modelli sempre più ridimensionati e audaci che lasciano poco all’immaginazione e tendono quasi a scomparire.
La mostra propone inoltre curate ricostruzioni ambientali di bagni di inizio secolo, seggiette, comode e orinari. Per un fine settimana pieno di curiosità, l’Ecomuseo della Civiltà Palustre oltre alla mostra delle mutande allestirà anche laboratori di ricamo, sartoria e la bottega delle borse e cappelli anni sessanta.
Il percorso espositivo della mostra sarà incentrato però sulle braghe romagnole: da quelle di fine Ottocento di confezione domestica e sartoriale, che si presentano più lunghe, arricchite di pizzi, ricami, stringhe e lacci per sorreggerle alla vita, modelli per noi oggi quasi improponibili, passando ai primi decenni del Novecento in cui l’elastico si sostituisce ai lacci e da cui scompaiono a poco a poco anche le “gambe”, che si accorciano nelle mutande da uomo e vengono eliminate in quelle da donna. Solo dopo gli anni Trenta le tele, prettamente di colore bianco, diventano colorate e in seguito a fantasia. Negli anni Sessanta diventerà di gran moda la biancheria intima in nylon, di certo poco salutare, che si presta però a grandi varietà di colori e motivi.
Infine si arriva ai giorni nostri con modelli sempre più ridimensionati e audaci che lasciano poco all’immaginazione e tendono quasi a scomparire.
La mostra propone inoltre curate ricostruzioni ambientali di bagni di inizio secolo, seggiette, comode e orinari. Per un fine settimana pieno di curiosità, l’Ecomuseo della Civiltà Palustre oltre alla mostra delle mutande allestirà anche laboratori di ricamo, sartoria e la bottega delle borse e cappelli anni sessanta.
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